Green Pass: La lettera degli studenti di Bari

Dopo la lettera degli studenti di Bergamo, che affrontava le contraddizioni scientifiche della vaccinazione generalizzata e del Green Pass, e dopo la lettera di A.S., docente di Trento, che ripercorreva quest’assurda vicenda per rilevare la totale irresponsabilità di chi in questi ultimi 20 mesi ha gestito la “cosa pubblica”, oggi voglio divulgare anche la lettera degli studenti dell’Università di Bari, che, questa volta insistendo maggiormente sugli aspetti giuridici, spiegano perché il Green Pass sia una misura incompatibile con un regime che si vorrebbe democratico, quale è il nostro, ovvero un regime capace di tollerare e tutelare le minoranze e il pluralismo, accordando a tutti una serie di diritti fondamentali, privati dei quali smettiamo di essere cittadini per diventare sudditi.

Colgo l’occasione per applaudire, nel mio piccolo, la coerenza e la tenacia del prof. Francesco Benozzo, che continua a presentarsi nell’ateneo bolognese privo di Green Pass, come è suo pieno diritto fare, andando ovviamente incontro agli effetti (concreti, ancorché illegittimi) delle leggi varate in questi mesi. C’è da aggiungere solo una cosa: è quello che dovremmo fare tutti, senza nasconderci.

 

Alla cortese attenzione
del Magnifico Rettore
dell’Università Aldo Moro di Bari
del Garante degli Studenti
del Direttore Generale
del Comitato Unico di Garanzia

Spettabilissimi,

Vi scriviamo in rappresentanza di un nutrito gruppo di studenti organizzatosi spontaneamente in seguito all’infausta estensione dell’obbligatorietà della certificazione verde (Green Pass) anche per studenti universitari, Docenti e Personale Tab, decretata dal DL 06/08/2021 n.111.

In quanto membri della comunità universitaria, ci sentiamo in diritto, ma anche in dovere, di presentarvi la situazione in cui il nostro gruppo attualmente si trova. Decidere di iscriversi all’università e studiare in ambito accademico implica avere il desiderio, non solo di specializzarsi in determinati ambiti, ma anche e soprattutto di venire a conoscenza di nuovi e più affinati strumenti per approcciarsi alla vastissima gamma di competenze che questo mondo ci offre. Un primo e fondamentale strumento che l’università ci ha fornito è quello del saper guardare con occhio critico e attento, e questo ben lo sanno i nostri colleghi che si occupano di e sfruttano il metodo scientifico. È proprio questa capacità critica che porta alcuni studenti a prendere decisioni medico-sanitarie differenti da altri, non meno valide, non meno consapevoli, bensì diverse e totalmente personali e quindi degne di rispetto. Questo rispetto è venuto meno nel momento in cui è stato disposto l’obbligo di Green Pass per poter usufruire del proprio diritto allo studio e al lavoro; le ragioni che ci spingono a scrivervi riguardano principalmente la tutela e la salvaguardia di questi diritti. Ci teniamo a precisare, dato il forte attacco mediatico che si sta svolgendo nei confronti dei così definiti “no-vax”, che noi non rientriamo in questa costruita e forzata categoria, non siamo persone contrarie alla vaccinazione e, anzi, tra di noi, vi sono sia persone vaccinate che persone non vaccinate. Il principio che ci unisce e per cui sentiamo di dovervi scrivere riguarda l’uso improprio e discriminatorio che si sta facendo della suddetta certificazione verde.

Vivere in uno stato democratico e seguirne i principi vuol dire tutelare le minoranze. La Costituzione italiana, all’articolo 3, stabilisce la pari dignità sociale di tutti i cittadini e la loro uguaglianza, senza distinzioni basate sulla razza, oltre che sul sesso, sulla lingua, sulle opinioni politiche e sulle condizioni personali e sociali. Anche a livello europeo si possono riscontrare leggi in merito alla discriminazione, come nell’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea firmata a Nizza il 7 dicembre del 2000 (e divenuta vincolante per gli stati membri dell’Unione Europea con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona del dicembre 2009), in cui si afferma che è vietata “qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali”. Per essere ancora più precisi e rimanere ancorati al contesto di cui stiamo trattando, desideriamo citare il Reg. (UE) 2021/953 del Parlamento europeo, che stabilisce, al considerando 36 che “È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate o hanno scelto di non essere vaccinate. […] Inoltre, il presente regolamento non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati.” Genera non poche lecite domande il fatto che la certificazione verde, non utilizzabile secondo il sopracitato Regolamento per discriminare le persone nei servizi di trasporto transfrontalieri, possa diventare invece una condizione necessaria per accedere a servizi (come le Università, nel nostro caso, ma anche scuole, esercizi commerciali, ecc.) interni al nostro Paese.

Il sit-in degli studenti di Torino insieme al prof. Ugo Mattei
Il sit-in degli studenti di Torino insieme al prof. Ugo Mattei

Le motivazioni che possono spingere un individuo a non aderire all’attuale campagna vaccinale contro il Covid-19 sono molteplici e diverse e come cita l’articolo 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea “Ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica. Nell’ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge”. Non siamo qui per giustificare o contestare questa scelta, la riteniamo una scelta non facile che debba ritenersi personale, per cui forzare qualcuno ad un trattamento sanitario con il ricatto di non poter in alternativa continuare a lavorare o studiare è a tutti gli effetti un atto di violenza e di forte discriminazione, ancora di più se si noti che l’alternativa al vaccino per poter ricevere tale certificazione verde è il tampone, metodo diagnostico attualmente a pagamento.

Vogliamo, inoltre, portare alla vostra attenzione un dettaglio non di poco conto. La comunità scientifica ha dichiarato di non essere in possesso di dati sufficienti per poter accertare la non contagiosità dei soggetti vaccinati; quindi, l’accesso alle persone vaccinate mediante l’esibizione del green pass potrebbe innescare comunque focolai Covid, come d’altra parte già è successo (esemplificativi sono i casi di focolai, riportati dalla stampa, delle navi militari, con personale vaccinato, HMS Queen Elizabeth e Amerigo Vespucci o negli ospedali, come al Sant’Eugenio di Roma o tra il personale del 118 di Palermo).

Questo solleva alcune domande: le motivazioni scientifiche, che sono alla base dell’obbligatorietà della certificazione verde, possono essere considerate valide oltre ogni ragionevole dubbio? Poiché così non sembra dalle dichiarazioni di cui sopra, non vi è il rischio che questa certificazione abbia più una finalità politica che una di prevenzione del rischio?

In un’ultima analisi, nel totale rispetto e con la grande fiducia che poniamo in Voi, vogliamo sollevare una questione di carattere umano ed etico. Nel nostro gruppo si riuniscono competenze del tutto diverse, dall’ambito umanistico a quello scientifico, ma siamo portatori di un sapere che in parte è stata la Vostra istituzione a tramandarci ed è proprio partendo dallo Statuto di quest’ultima che speriamo di creare un dialogo, di aprire la porta al dubbio che tutti coloro che si approcciano al sapere dovrebbero tenere bene a mente. Ci rifacciamo allo Statuto dell’Università di Bari che dichiara quest’ultima “una istituzione pubblica, laica, autonoma e pluralista che realizza le proprie finalità di ricerca, didattica e di terza missione secondo le disposizioni del suo Statuto e della legge, nel rispetto dei principi costituzionali.” (al D.R. n. 423 del 04.02.2019 4); è pubblica, ossia aperta a tutti i cittadini in modo indiscriminato, pluralista, ossia che accoglie le diversità e promuove uno sviluppo autonomo della tradizionale cultura o ideologia personali, ma soprattutto, qui si evince che è autonoma; questo implica che essa ha un valore indipendente che noi, in questa sede, chiediamo che venga risaltato.

Chi studia o insegna all’interno dell’Università dovrebbe esser spinto dalla conoscenza, che sia la sete di apprendere, o il desiderio di tramandare, ma la conoscenza nasce dal pensiero critico e consapevole, così come è anche ben messo in risalto dall’Art. 2 dello Statuto: “La Comunità Universitaria persegue, quali fini primari, la ricerca e la formazione per lo sviluppo di un sapere critico, aperto al dialogo e all’interazione tra le culture, nel rispetto della libertà di ricerca e di insegnamento, della sostenibilità e della valorizzazione del merito.”; chiediamo che il pensiero critico rimanga uno dei cardini dell’Università, il cui scopo ultimo dovrebbe essere creare professionisti in grado di analizzare le situazioni che li circondano e che abbiano maturato una personale, forte e indipendente formazione e conoscenza.

È su questa base, riportata all’interno dell’ottimo Statuto della nostra Università, che Vi richiamiamo al confronto e al dialogo; è chiaro ciò che si evince dal documento portante della stessa istituzione che Voi rappresentate, ossia che non esistono diritti circostanziali, che a prescindere dalle situazioni che possano imperversare – come quella pandemica dell’ultimo anno e mezzo – non si possono privare studenti e lavoratori dei loro diritti. Tra questi diritti, Ve ne ricordiamo alcuni che, anche in questo caso, sono riscontrabili nello Statuto Dei Diritti e dei Doveri degli Studenti Universitari del nostro Ateneo: Art.1 Principi e Tutele: 1. “Gli studenti sono portatori di diritti inalienabili, in quanto cittadini della comunità universitaria.”; 4 “La piena cittadinanza universitaria degli studenti si estrinseca nei principi di autonomia, autogestione, partecipazione, libertà di espressione ed azione”; Art 2 La Comunità Universitaria: 1 “Gli studenti hanno il diritto e il dovere di concorrere attivamente e pienamente alla vita della comunità universitaria, di partecipare, negli organi competenti, alla valutazione del sistema formativo e alle decisioni riguardanti l’organizzazione della didattica secondo le vigenti norme statutarie e regolamentari”; Art 3 Sistema Didattico: 4 “Agli studenti è garantita la concreta ed effettiva frequenza ai Corsi di studio. A tal fine saranno rimosse tutte le barriere architettoniche ed ogni altro ostacolo che possa impedire di fatto la fruizione dei corsi, degli esami, delle biblioteche e degli spazi universitari”. Noi studenti ci ritroviamo perfettamente in queste parole, sono giuste e vanno rispettate e, come noi non ci siamo mai tirati indietro di fronte ai nostri doveri universitari, vogliamo che anche Voi non vi tiriate indietro nell’assicurarvi che i nostri diritti come studenti della Nostra università siano garantiti. La discriminazione che stiamo subendo a livello sociale non vi riguarda e non vi è richiesto di farvene carico, ma noi pretendiamo che sia vostro specifico dovere che questa stessa discriminazione non avvenga all’interno del contesto universitario.

Vi chiediamo di non essere complici di un sistema che fa promesse di tutela e sicurezza a discapito dei diritti individuali, civili e sociali, di mostrarvi dalla parte della democrazia, ma soprattutto dalla parte dei vostri stessi studenti che vi chiedono di poter tornare a studiare, seguire le lezioni, partecipare ad eventi universitari e svolgere gli esami nella stessa struttura che hanno imparato ad apprezzare, anche nei suoi limiti strutturali, a volte di sicurezza, organizzativi ecc.. La partecipazione, lo scambio e il rapporto umano fanno parte del processo di apprendimento e di conoscenza, così come già è espresso nello Statuto dell’Università che afferma: “L’Università riconosce l’informazione, l’accesso e la partecipazione quale strumento essenziale per assicurare il coinvolgimento effettivo di studenti, personale universitario e di chiunque abbia interesse alla vita dell’Ateneo […]” (Art. 5); per cui vogliamo ricordarvi che spetta a voi assicurarvi che questo strumento per noi tanto importante – e di nostro diritto – non ci venga negato, che avete l’autorità di fermare la deriva antidemocratica che la certificazione verde sta facendo diventare realtà. È giusto rispettare la legge, ma è ancora più giusto chiedersi se quella legge sia giusta o meno, altrimenti si va incontro ad una cieca obbedienza che speriamo fortemente non sia un valore promosso dalle Università Italiane e specialmente dalla Nostra.



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