«Cresce l’ondata di irrazionalità», «Il rapporto Censis e la pandemia di irrazionalismo», «Così la pandemia ha cambiato l’Italia: più negazionista, cospirazionista e fobica». Questi alcuni dei titoli di giornale che ci è toccato leggere qualche giorno fa. «Fuga nel pensiero magico», «Complotti e scienza usata dai poteri», «sonno fatuo della ragione» le parole all’ordine del giorno, infilate nelle colonne o nei catenacci, in editoriali e interviste, nei lanci sui social.
In effetti, i giornali non hanno fatto altro che scopiazzare la sintesi del rapporto Censis del 2021, costruita sulle stesse parole d’ordine. Una sintesi che tutti dovremmo leggere(1)In realtà bisognerebbe leggere il rapporto completo, ma considerando che questo è in vendita alla modica cifra di 44 euro per il momento possiamo accontentarci della sintesi gratuita. e su cui tutti dovremmo interrogarci, per capirne davvero contenuti e limiti, per verificare quali conclusioni si possano davvero trarre dai dati raccolti e quali siano il semplice frutto dei nostri pregiudizi (quelli che oggi piace tanto chiamare, per qualche strana ragione, “bias cognitivi”).
«Vaccini efficaci disponibili in tempi rapidi, sussidi e ristori di Stato a tutti, un robusto rimbalzo dell’economia e un cospicuo piano di rilancio finanziato dall’Unione europea: sono notizie che, dopo la paura nera dello scorso anno, dovrebbero far tirare un sospiro di sollievo e far gioire d’orgoglio per la tenuta socio-economica del Paese. Si tratta di una vittoria della ragione, della umana facoltà razionale di risolvere i problemi. Eppure, all’allentarsi della pressione dell’emergenza, non si sentono soltanto sospiri di sollievo o echi di esultanza, ma anche mugugni, lamentele, accuse, risentimenti. La razionalità che nell’ora più cupa palesa la sua potenza risolutrice lascia il posto in molti casi a credere alle più improbabili fantasticherie, a ipotesi surreali e a teorie infondate, a cantonate e strafalcioni, a svarioni complottisti, in un’onda di irrazionalità che risale dal profondo della società» (La società italiana al 2021, sintesi Censis, p. 3).
È così che comincia la sintesi del rapporto attualmente considerato «il più qualificato e completo strumento di interpretazione della realtà italiana». Ma quali sono queste «improbabili fantasticherie», queste «ipotesi surreali», queste «teorie infondate», queste «cantonate e strafalcioni», questi «svarioni complottisti» che hanno fatto drizzare i capelli all’anonimo autore della sintesi Censis? Per rispondere a questa domanda, ci vengono in aiuto le tabelle 1, 2 e 3 (pp. 4-5). Qui troveremo una fila di affermazioni (items, con il linguaggio statistico) su cui gli intervistati (Domanda: quanti? Risposta: non c’è scritto da nessuna parte) sono stati chiamati ad esprimersi. Si va da affermazioni generiche su Covid, scienza e vaccini («Il Covid-19 non esiste», «La scienza crea più danni che benefici», «I vaccini sono inutili e inefficaci») a proposizioni più articolate su politica, società ed economia («Il potere reale in Italia è concentrato nelle mani di un gruppo di potenti: alti burocrati, politici e uomini d’affari», «Cultura e identità italiane spariranno, rimpiazzate da quelle degli immigrati fatti arrivare dalle élite globaliste», «Le grandi multinazionali sono responsabili di quello che ci accade»).
Ed è qui che si manifestano i più pesanti limiti delle indagini quantitative che si fregiano di indagare culture e subculture delle nostre società: le affermazioni che il Censis ha proposto agli intervistati sono alle volte generiche, altre tendenziose, spesso parziali, in breve pregiudizialmente orientate, e non permettono di comprendere cosa davvero pensa l’intervistato.
La scienza, il Covid e i vaccini
Prendiamo, per cominciare, le affermazioni più legate all’attualità, ovvero quelle su scienza, Covid e vaccini.
Ad esempio: «I vaccini sono inutili e ineffcaci». Cosa significa questa affermazione, condivisa dal 10,9% del campione Censis? Cosa intendono gli intervistati con “utili” ed “efficaci”? Utili ed efficaci per chi: per tutti o per alcuni? Utili a contenere il virus oppure a debellarlo? A tamponare la situazione oppure a risolverla? Utili anche da soli, o solo se abbinati ad altre soluzioni? Efficaci nel prevenire la malattia oppure nel prevenire il contagio? Efficaci nel breve, nel medio o nel lungo periodo? Difficile dirlo, a meno che non si sia convinti di possedere incredibili doti telepatiche.
Oppure prendiamo un’altra affermazione: «Il vaccino è un farmaco sperimentale e gli italiani stanno facendo da cavie». Con questa affermazione si è trovato d’accordo il 31,4% degli intervistati (per la precisione il 42,5% di chi ha la sola licenza media, il 33,5% dei diplomati e il 24,4% dei laureati). Ma cosa significa essere d’accordo con questa affermazione? I ricercatori del Censis se lo sono chiesto? Se lo hanno fatto, non ne hanno reso conto. Proviamo allora a chiedercelo noi. Partiamo dal significato delle parole.
Un farmaco, secondo il vocabolario online della Treccani, è «Qualsiasi sostanza, inorganica o organica, naturale o sintetica, capace di produrre in un organismo vivente modificazioni funzionali, utili o dannose, mediante un’azione chimica, fisico-chimica o chimica».
“Sperimentale”, secondo lo stesso vocabolario, significa «Che si basa sull’esperienza; che si fonda sull’esperimento, che procede per mezzo di esperimenti». E un esperimento, secondo la stessa fonte, è rappresentato da «quanto si fa per provare, conoscere, dimostrare le qualità di una persona o di una cosa».
Per concludere, le cavie umane sono, sempre secondo il Treccani, «uomini sottoposti a esperimenti biologici».
Se vogliamo andare anche a vedere il linguaggio un po’ più tecnico, l’Istituto Superiore di Sanità ci informa che le tappe fondamentali dello sviluppo di un vaccino sono la «sperimentazione pre-clinica» (in vitro e in vivo) e la «sperimentazione clinica», che «si suddivide in quattro fasi», l’ultima delle quali (quella in cui si trovano i vaccini attualmente utilizzati) si svolge dopo la messa in commercio del vaccino. Tuttavia, tutte e quattro le fasi fanno parte, secondo il sito stesso dell’ISS, della «sperimentazione clinica». Non solo, ma l’ISS specifica anche che i vaccini anticovid hanno ricevuto una cosiddetta «approvazione condizionata» dettata dall’emergenza pandemica, ovvero un’approvazione basata «su dati meno completi rispetto a quelli richiesti per una “normale” procedura di approvazione e immissione in commercio»; e i dati sulla loro effettiva efficacia e sicurezza sono, proprio per questo, in continuo aggiornamento.
Dunque, sulla base del significato che comunemente (anche nella comunità scientifica) si attribuisce alle parole, possiamo adesso chiederci, di nuovo: cosa significa che «Il vaccino è un farmaco sperimentale e gli italiani stanno facendo da cavie»? È «irrazionale» o antiscientifico, sulla base delle definizioni condivise, ritenere questi vaccini sperimentali? È una fantasticheria, una teoria infondata, uno svarione complottista? Ai posteri l’ardua sentenza.
L’irrazionale secondo il Censis
Il Censis ha dedicato un’intera tabella alla categoria dell’«irrazionale» (concetto, in realtà, mai definito da nessuna parte nel testo), e in particolare a quello che chiama «neo-cospirazionismo dietrologico», articolato in quattro affermazioni. Vediamole una per una.
1. Il potere reale in Italia è concentrato nelle mani di un gruppo di potenti: alti burocrati, politici e uomini d’affari.
L’affermazione, che ha riscosso consensi maggioritari (67,1%) a tutti i livelli di istruzione (70,2% delle licenze medie, 71,5% dei diplomati, 59,2% dei laureati) è stata buttata dal Censis, senza troppe cerimonie, nel calderone di un’irrazionalità non meglio definita. In questo il Censis, nella migliore delle ipotesi, dimostra tutta la sua ignoranza in materia di scienze politiche e sociali (e, per un’istituzione denominata “Centro Studi Investimenti Sociali”, questa lacuna appare piuttosto grave). Chiunque abbia una preparazione nel campo delle scienze sociali, infatti, dovrebbe sapere che gli studiosi del settore si sono guerreggiati in una interminabile diatriba sul potere (sulla sua definizione, sulla sua diffusione, sui suoi meccanismi) che ha visto contrapporsi i cosiddetti «elitisti» ai cosiddetti «pluralisti». Che il potere, in tutti gli angoli del mondo, sia concentrato in uno o in pochi piccoli gruppi di potenti è tra le tesi principali di importanti, affermati e riconosciuti studiosi quali Robert Michels (Sociologia del partito politico, 1912), Charles Wirght Mills (L’élite del potere, 1956), Peter Bachrach e Morton Baratz (Le due facce del potere, 1970); e, per rimanere in Italia, Gateano Mosca (La classe politica, 1875) e Vilfredo Pareto e la sua teoria delle élite (Trattato di sociologia generale, 1916); per non parlare di Antonio Gramsci e le sue riflessioni sull’egemonia culturale, o di Karl Marx, che sul concetto di élite (borghese) e sulla concentrazione del potere nelle mani di pochi ci ha costruito tutte le sue teorie. Tutti studiosi rinomati che affermano proprio il concetto riassunto dal Censis: il potere reale è concentrato nelle mani di un gruppo di potenti, variamente definiti e individuati. Cosa ci sia di “irrazionale”, “cospirazionista” e “dietrologico” in questo non è dato saperlo, ma se lo è bisognerebbe epurare i manuali da diversi autori fino all’altroieri ritenuti rispettabili.
2. Le grandi multinazionali sono responsabili di quello che ci accade.
Con una percentuale di consensi analoga a quella precedente (64,4%) e altrettanto trasversale (71,7% delle licenze medie, 67% dei diplomati, 56,6% dei laureati), anche quest’affermazione viene relegata negli angoli reconditi del pensiero irrazionale. Eppure, che le multinazionali esercitino enorme influenza sulle scelte e sulle politiche dei governi è, anche questa, una teoria argomentata da diversi teorici delle scienze economiche e sociali che il Censis dovrebbe conoscere: è il caso, solo per fare gli esempi più eclatanti, di Saskia Sassen (Le città globali, 1991), Susan Strange (Chi governa l’economia mondiale?, 1996) e Noreena Hertz (La conquista silenziosa, 2001); per non parlare del diluvio di autori neo-marxisti in cui ci si imbatte non appena si comincia a scavare.
D’altra parte, basterebbe aprire un qualsiasi giornale per rendersi conto che tale affermazione non è affatto irrazionale o strampalata:
«L’Antitrust punisce gli abusi di Amazon. Multa da 1,2 miliardi», scrive Aldo Fontanarosa su Repubblica: «Il sito italiano di Amazon ospita migliaia di negozianti indipendenti che vendono i loro prodotti grazie a questa vetrina. Di tutti i prodotti Amazon.it, oltre la metà fa capo agli indipendenti. Questi venditori si trovano presto davanti a un bivio. Devono decidere se gestire in proprio la custodia dei prodotti in magazzino, la creazione dei pacchi e delle etichette con l’indirizzo del destinatario, infine la spedizione. L’alternativa è affidare queste operazioni ad Amazon, che ha un sistema di consegna collaudatissimo [e privo di ogni dignità, N.d.A.]… L’Antitrust sanziona Amazon per oltre un miliardo perché le violazioni durano da 5 anni; hanno come regista un big del commercio in Internet; hanno prodotto danni ai consumatori, ai negozianti indipendenti, ai corrieri non legati ad Amazon, agli altri siti dell’ecommerce (come eBay o Zalando)». (La Repubblica versione cartacea, 10 dicembre 2021, p. 2).
Nella pagina a fianco, un altro articolo a firma di Claudio Tito, dal titolo «Da Bruxelles a Roma. La nuova rete europea contro i giganti tech»: «quel che è successo a Roma [la multa dell’Antitrust ad Amazon] non è un caso isolato. Non si tratta di una sentenza sporadica… basta fare un elenco dei casi più recenti su cui è intervenuta l’Antitrust comunitaria per cogliere il cambiamento: giugno 2017, ammenda a Google di 2,42 miliardi di euro; luglio 2018 ancora Google e ancora una multa da 4,34 miliardi; marzo 2019 sanzione da 1,49 miliardi ancora a Google; novembre 2020, richiamo ad Amazon per l’utilizzo di dati di venditori indipendenti e indagine sulle pratiche di Google e Facebook in materia di dati; giugno 2020 indagini formali su Apple sullo streaming musicale e sanzioni nell’aprile 2021» (La Repubblica versione cartacea, 10 dicembre 2021, p. 3).
Si volta pagina e si legge, ancora: «“Noi piccoli schiacciati”. Così l’astronave digitale travolge i concorrenti», sempre a firma di Fontanarosa: «A Vercelli amicizie decennali sono finite da un giorno all’altro, tra urla di rabbia e volti bassi di vergogna… Un giorno è arrivata Amazon e ha creato quello che sarebbe stato il suo quinto centro di distribuzione merci nel nostro Paese… I corrieri del posto, da un giorno all’altro sono stati tagliati fuori… Una cosa è negoziare con l’azienda familiare del posto, in un clima di amicizia; altra cosa è misurarsi con i manager di una multinazionale potente e ricchissima… Alcuni corrieri hanno accettato incassi sempre più contenuti pur di continuare il lavoro di consegna… Alla fine, in questo gioco, hanno pagato un prezzo alto proprio i lavoratori. Lo denuncia il nostro Garante delle Comunicazioni (l’AgCom)» (La Repubblica versione cartacea, 10 dicembre 2021, p. 4).
Per non parlare delle inchieste britanniche sulla Pfizer, tornando in tema Covid: l’altalena dei prezzi (segreti) a seconda dei Paesi in trattativa, esperti pagati per screditare AstraZeneca, accordi mai conclusi con i Paesi più arretrati. In un momento di crisi globale in cui tutti abbiamo rinunciato alle nostre libertà più basilari, le multinazionali farmaceutiche si sono dilettate in una corsa al guadagno facile: crediamo forse che questo non influenzi le nostre vite? Che i vaccini siano “gratuiti” solo perché non li paghiamo quando andiamo al centro vaccinale? Questo sarebbe un ragionamento “razionale”?
3. Esiste una casta mondiale di potenti che controlla tutto.
Corollario delle precedenti affermazioni, anche questa è condivisa (56,5%) da ampi settori della società (73% delle licenze medie, 61,5% dei diplomati, 43,4% dei laureati). Si può notare una flessione nella percentuale di adesione dei laureati, rispetto alle altre affermazioni, ma questo probabilmente avviene perché il concetto, così riassunto, appare troppo semplificato. Se ci si immagina una setta di incappucciati è facile bollarla come una strampalata teoria dietrologica e cospirazionista. Eppure il Forum Economico Mondiale, finanziato da un migliaio di imprese (per lo più multinazionali), che si riunisce a Davos, in Svizzera, ogni anno, e che è stato ribattezzato dallo scrittore francese Emmanuel Carrère «La Disneyland dei grandi», può ben essere definito una “casta” (ovvero un «Gruppo sociale chiuso e per lo più endogamo, i cui membri sono uniti da comunanza di nascita, di religione o di mestieri», dice Treccani). E, se non si può dire che “controlla tutto” (per esempio sicuramente non controlla quante volte la gente debba andare al gabinetto ogni giorno) si può certo affermare che esercita un’influenza non irrilevante sulle nostre società, soprattutto attraverso i mercati finanziari(2)Si veda la nascita del Governo Monti nel 2011, le vicende greche del 2015 e la formazione del Governo Conte nel 2018: tutte vicende in cui i “timori dei mercati” hanno avuto la meglio sui processi democratici più basilari., e poi attraverso i social network e il controllo di chi può usarli e come.
D’altra parte, secondo i dati disponibili, la ricchezza di appena duemila persone in tutto il mondo è così alta che è difficile credere che non siano in grado, con il loro capitale, di condizionare l’andamento dei mercati finanziari. E, anche in questo caso, basterebbe sfogliare la letteratura per scoprire numerose teorie che ben argomentano lo “strapotere” delle nuove élites. A titolo di esempio, vengono in mente alcuni passaggi delle opere di Allen John Scott (Città e regioni nel nuovo capitalismo, 2008).
4. Cultura e identità italiane spariranno, rimpiazzate da quelle degli immigrati fatti arrivare dalle élite globaliste.
Qui il consenso è più contenuto (39,9%) ma ugualmente trasversale (44,2% delle licenze medie, 44% dei diplomati, 31,5% dei laureati). Il Censis la chiama «variante cospirazionistica», e la descrive come «tendente alla paranoia, ispirata alla teoria del “gran rimpiazzamento”» che avrebbe «contagiato» gli «italiani», irragionevolmente «convinti del pericolo reale della sostituzione etnica: identità e cultura nazionali spariranno a causa dell’arrivo degli immigrati, portatori di una demografia dinamica rispetto agli italiani che non fanno più figli, e tutto ciò accade per interesse e volontà di presunte opache élite globaliste» (p. 3).
Prima di tutto, urge specificare un dettaglio: è il Censis stesso ad aver proposto un’affermazione che racchiudeva insieme la scomparsa delle identità nazionali, l’immigrazione e l’azione di ipotetiche élites globaliste. Il risultato è che se l’intervistato ritiene che le identità nazionali siano destinate a sparire anche per via dei flussi migratori (e per altre ragioni), e non necessariamente per intenzione delle élites, ha due opzioni a disposizione: o si dichiara in disaccordo con l’affermazione (e non dà modo al Censis di rilevare il suo convincimento circa il fatto che le identità nazionali stanno sparendo) oppure si dichiara d’accordo anche se lo è solo in parte (e si espone alla conseguente ridicolizzazione pubblica operata dal Censis).
In secondo luogo, il Censis aggiunge, nella sua sintesi, una serie di dettagli del tutto assenti nell’affermazione proposta invece agli intervistati, che non contiene nessun riferimento a una «sostituzione etnica», alle abitudini riproduttive o alla «opacità» delle élites globaliste.
In terza battuta, che le élites sostengano e incentivino (affatto opacamente) l’afflusso di migranti nel nostro Paese è sotto gli occhi di tutti e su tutti i giornali: «Alla nostra economia servono 400mila immigrati l’anno» (La Repubblica versione online, 10 dicembre 2021); «Industriali al governo: servono più migranti» (Il Fatto Quotidiano versione online, 23 settembre 2019); «Più bisnonne che bisnipoti: per questo servono (più) immigrati» (Corriere della Sera versione online, 6 ottobre 2021).
Infine, che le identità nazionali siano in via di estinzione è qualcosa che chiunque può notare semplicemente mettendo il naso fuori di casa: i giovani escono sempre più raramente per andare in pizzeria o a mangiare un piatto di pasta in trattoria, mentre è sempre più diffuso il cibo “esotico” come il kebab, il sushi, gli involtini primavera (e anche nei ristoranti si diffonde l’abbandono delle ricette tradizionali in favore dell’introduzione di spezie e salse di altre culture); la Commissione Europea era arrivata a produrre un documento che scoraggiava l’uso del tradizionale “Buon Natale” per evitare che culture minoritarie si sentissero offese (iniziativa che si sarebbe iscritta a buon diritto nella cosiddetta “cancel culture”); e la sempre maggiore pressione dei flussi migratori sull’Italia e sui Paesi occidentali in genere renderà inevitabili, alla lunga, profondi cambiamenti culturali e identitari che adesso sono solo all’inizio del loro percorso.
Tutto questo può piacere o non piacere, oppure ancora risultare indifferente. Ma difficilmente può essere negato: le identità nazionali sono sottoposte ovunque a pressioni livellatrici che tendono a far sparire le ricchezze locali in favore di una sorta di cultura unica globale. Queste pressioni sono operate dalle ondate migratorie, dalla crescente diffusione delle multinazionali, dalla pervasività della rete internet e dalle scelte delle governance locali. È una cultura simile a quella dei «nonluoghi» teorizzata da Marc Augé (Nonluoghi, 1992) e ripresa in Italia da Giovanni Semi in tema di urbanistica (Gentrification, 2015).
Il PNRR secondo il Censis
«Di fianco alla maggioritaria società ragionevole e saggia – dice il Censis – si leva un’onda di irrazionalità, un sonno fatuo della ragione, una fuga fatale nel pensiero magico, stregonesco, sciamanico, che pretende di decifrare il senso occulto della realtà circostante». E ancora, in riferimento a una fiducia “latitante” nel PNRR: «Le proposte razionali che indicano la strada per migliorare la situazione vengono delegittimate a priori per i loro supposti intendimenti, con l’accusa di favorire interessi segreti e inconfessabili. Il 29,7% degli italiani non crede che il razionalissimo Pnrr cambierà il Paese, perché è condizionato da lobby che volgeranno tutto a loro beneficio o perché la Pubblica Amministrazione non starà al passo, malgrado gli annunci, secondo il 44,3%» (p. 4).
Innanzi tutto, non si capisce come il Censis possa affermare l’esistenza di una «maggioritaria società ragionevole e saggia», quando solo una pagina prima ha sottolineato che la maggioranza degli intervistati si è dichiarato d’accordo con ben 3 delle 4 affermazioni che il Censis stesso ha radunato sotto il cappello del «neo-cospirazionismo dietrologico» irrazionale (tab. 2). Poi, il riferimento al «razionalissimo Pnrr» sembra sarcasmo allo stato puro: che senso avrebbe infatti, altrimenti, il superlativo assoluto, in un contesto del genere? “Razionale” non era abbastanza (e c’era poi davvero bisogno di specificarlo?)? Serviva qualcosa di più «stregonesco»? Infine: assumere che il PNRR sarà un toccasana per il nostro Paese non è anche questa una legittimazione «a priori» per i suoi «supposti intendimenti», con la certezza di favorire evidenti interessi collettivi? Il Censis può forse prevedere il futuro, e conoscere in anticipo i benèfici e mirabolici effetti del PNRR?
In secondo luogo, il Censis parla di «pensiero magico, stregonesco, sciamanico», di «senso occulto della realtà circostante», di «interessi segreti e inconfessabili». Eppure, sfido chiunque a trovare, nella sintesi del Censis, un solo item che rimandi al pensiero magico, stregonesco, sciamanico, o al «senso occulto della realtà» (qualunque cosa questo voglia dire), oppure ancora a «interessi segreti e inconfessabili» (ma di chi?). Perché tanta acrimonia da parte di chi di mestiere dovrebbe semplicemente osservare le tendenze della popolazione italiana?
Le affermazioni più gettonate dagli intervistati, in merito al PNRR e alla politica, sono due:
- Il governo, i partiti e le istituzioni non cambieranno in meglio la mia vita (47,7%).
- La Pubblica Amministrazione non funzionerà meglio nei prossimi anni (44,3%).
Ebbene: cosa c’è di tanto irrazionale in queste affermazioni? Perché mai dovrebbe essere razionale credere che le cose andranno meglio? Sulla base di quali dati? Usciamo da una pandemia che ha messo in ginocchio mezzo mondo: perché mai si dovrebbe credere che qualcosa cambierà in meglio nel prossimo futuro?
Dopotutto, è il Censis stesso, nelle rimanenti 30 pagine di sintesi che fotografano la desolante situazione economica e lavorativa italiana, a mostrare la ratio di questa sfiducia: «tra il 1990 e oggi l’Italia è l’unico Paese Ocse in cui le retribuzioni medie lorde annue sono diminuite: -2,9% in termini reali rispetto, ad esempio, al +276,3% della Lituania, il primo Paese in graduatoria» (p. 6); «non stupisce che in Italia sia particolarmente elevata (e in crescita nell’ultimo decennio) la quota di lavoratori dipendenti che si trova in condizioni di povertà (il 10,3% nel 2019)» (p. 16); «Si pensi ad esempio ai Neet, i giovani che non studiano e non lavorano: tra i 20-34enni sono il 29,3% (e nel Mezzogiorno si arriva al 42,5%), ovvero la quota più elevata di tutta l’Unione europea» (p. 22). E la pandemia ha solo peggiorato le cose.
Cioè, dice il Censis: il contesto è desolante, ci troviamo in una spirale viziosa di crisi economica che danneggia le persone e la società e rende infruttuosi gli investimenti (nello studio o nelle imprese), in cui gli stipendi reali non hanno fatto altro che calare, in cui la disoccupazione giovanile è ai massimi storici. Però, dice sempre il Censis, bisogna ignorare il contesto ed essere ottimisti, perché chi è ottimista è razionale, mentre chi è insoddisfatto diventa irrazionale.
Chi è l’irrazionale?
Dunque, viene da chiedersi: chi è l’irrazionale?
Chi riconosce che i nostri sono dei «regimi misti» in cui chi ha più potere (economico, politico, culturale) può orientare le scelte politiche, oppure chi confonde la democrazia ideale con la democrazia reale, illudendosi (o fingendo di illudersi) che «uno valga davvero uno»?
Chi ritiene che i potentati economici mondiali abbiano una grossa influenza sulle nostre vite e sulle nostre carriere, oppure chi insinua che le multinazionali siano imprese come le altre, solo un pochino più grandi, con responsabilità uguali a quelle di qualunque altro cittadino?
Chi riconosce che ci sono delle élites economiche, finanziare e culturali capaci di piegare le scelte di intere nazioni ai propri interessi economici, oppure chi crede che i potentati economici e finanziari abbiano gli stessi poteri del cittadino semplice e ignora i loro continui interventi a gamba tesa nelle nostre democrazie?
Chi osserva dei cambiamenti nelle nostre abitudini e nelle nostre culture (e negli orientamenti delle élites in tema di immigrazione) oppure chi pensa che l’immigrazione non porterà nessun cambiamento alle nostre società e così taccia gli altri di “cospirazionismo paranoico”, arrivando al punto tale di negare anche l’evidenza?
D’altro canto, le prime righe della sintesi Censis erano già molto chiare: una definizione arbitraria, non argomentata né documentata, di quella che secondo il Censis è, senza possibilità di confutazione, la realtà oggettiva dell’Italia di oggi. Una realtà di cui dovremmo «gioire d’orgoglio», che mostrerebbe la grande «tenuta socio-economica» della nostra Patria. Per cosa dovremmo esultare, secondo il Censis? Per i «vaccini efficaci», anche se non si sa per quanto tempo lo saranno; per i «sussidi e ristori di Stato a tutti», anche se si fa parte di quella fetta di popolazione che dallo Stato non ha ricevuto niente a parte diversi schiaffi morali; per il «robusto rimbalzo dell’economia», anche se ci si è trovati a dover chiudere bottega o a perdere il lavoro; per il «cospicuo piano di rilancio finanziato dall’Unione europea» (che vorrebbe la E maiuscola), anche se questo non farà nulla per diminuire le disuguaglianze economiche e sociali che negli anni sono andate aumentando, e anche se ogni riforma e ogni manovra dagli annunciati effetti miracolosi si è rivelata, nel corso degli anni, puntualmente inutile; per la «umana facoltà razionale di risolvere i problemi», anche se il problema del Covid è tutt’altro che risolto e a questo si è aggiunta la difficile situazione di una spaccatura sociale che ha pochi precedenti nel recente passato del nostro Paese; per l’«allentarsi della pressione dell’emergenza», anche se l’emergenza continua ad essere sventolata ovunque sui media e nelle decisioni di Governo nazionali ed estere.
Insomma, parola del Censis: la realtà ci dice che dovremmo fare i salti di gioia, e chi non li fa, chi osa profondersi in «mugugni, lamentele, accuse, risentimenti» è un irrazionale che si è perso per strada il principio di realtà. Pensavate forse che essere razionali significasse fare i conti con la realtà, anche quando fa schifo? Poveri ingenui. Date retta al Censis: mandate giù la pillola magica del «razionalissimo Pnrr», e vedrete che domani potrete ammirare il vostro sontuoso albero nel Campo dei Miracoli.
Note:
↑1 | In realtà bisognerebbe leggere il rapporto completo, ma considerando che questo è in vendita alla modica cifra di 44 euro per il momento possiamo accontentarci della sintesi gratuita. |
---|---|
↑2 | Si veda la nascita del Governo Monti nel 2011, le vicende greche del 2015 e la formazione del Governo Conte nel 2018: tutte vicende in cui i “timori dei mercati” hanno avuto la meglio sui processi democratici più basilari. |
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