La settimana scorsa quattro Regioni italiane(1)In realtà a quanto pare sono sei, ma l’ordine sparso con cui procedono i territori rende noioso e inutile tenere il conto. hanno emanato delle ordinanze per far fronte alla nuova ondata di Coronavirus che sta colpendo in questi giorni il nostro Paese. Tra gli strumenti scelti spicca quello del coprifuoco. Ovvero, recitano le ordinanze, “dalle ore 23:00 [24:00 nel caso del Lazio] alle ore 05:00 del giorno successivo sono consentiti esclusivamente gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità o d’urgenza ovvero per motivi di salute; è in ogni caso consentito il rientro presso il proprio domicilio, dimora o residenza”.
Lazio e Lombardia, che hanno firmato le loro ordinanze il 21 ottobre, lo hanno fatto in concerto con il Ministero della Salute; la Campania e il Piemonte le hanno inseguite, in solitaria, rispettivamente il 22 e il 23 ottobre. Ad oggi, il risultato osservabile sono le proteste (in realtà dovute soprattutto alla chiusura degli esercizi pubblici) che hanno animato prima Napoli, poi Roma e infine, a macchia d’olio, il resto d’Italia. Il Governo e le Regioni si trovano certamente in una situazione difficile, scomoda, che nessuno invidia; ma riconoscere che in occasioni come questa ci sia bisogno di mantenere una certa fiducia nelle autorità centrali e di fare qualche sacrificio per la collettività, non significa accogliere acriticamente ogni decisione piovuta dal cielo.

A marzo, dopo che il Presidente del Consiglio aveva ordinato la prima “chiusura nazionale”(2)Sono per la difesa delle lingue in via d’estinzione, dunque mi rifiuto di usare un termine, “lockdown”, tranquillamente traducibile in Italiano in diversi modi, molti dei quali parecchio più fantasiosi e simpatici di quello scelto da me, a testimonianza di una ricchezza linguistica che l’inglese non può nemmeno provare a inseguire. e alcune persone insorgevano perché non volevano rinunciare alle proprie libertà in nome di un virus che consideravano una farsa inventata di sana pianta, scrivevo che i valori e principi democratici non vanno difesi all’interno di uno stato d’eccezione, ma prima e dopo di esso; e continuo a pensarla così. Ma continuo a pensare anche che l’attenzione va tenuta alta, e che non è giusto delegare ogni sforzo di ragionare a chi si trova nella condizione di dover-poter decidere per tutti.
Imporre un coprifuoco, che significa precisamente vietare alle persone di uscire dalla propria abitazione in alcune fasce orarie, non è una cosa da poco; neanche a seguito delle numerose misure anticovid già varate in questi ultimi 8 mesi. Perché, checché se ne sia detto in giro, dalla conferenza stampa di Conte dell’8 marzo in poi a nessuno è mai stato vietato di uscire di casa a qualsiasi orario per sgranchirsi le gambe, prendere una boccata d’aria o stemperare una lite nata in famiglia: è stato solo chiesto alle persone che non avessero motivi di lavoro o di salute di rimanere nei pressi della propria abitazione. Un coprifuoco, invece, è ben più invasivo: buonsenso vuole che se uno sente l’esigenza di uscire di casa alle 2 di notte in un periodo in cui i locali sono chiusi è molto probabile che abbia delle insindacabili motivazioni personali, che magari esulano dal lavoro, dalla salute o da emergenze dimostrabili; e buonsenso vuole anche che se tutti i locali pubblici sono chiusi saranno ben pochi a uscire alle 2 di notte per fare baldoria di gruppo.
La decisione di istituire un coprifuoco, che in Italia non si vedeva dai tempi della seconda guerra mondiale, richiederebbe quantomeno una spiegazione da parte delle autorità, un messaggio chiaro, sensato e comprensibile a tutti. Ma le spiegazioni latitano. Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio (quello che, non mi stancherò mai di ricordarlo, è risultato positivo al Covid dopo un aperitivo di gruppo a Milano contro le chiusure e l’isolamento allora invocati dalla Lega lombarda) non ha dato alcuna spiegazione in merito: ha inserito il coprifuoco quasi alla chetichella, in un’anonima “ordinanza di intesa Regione Lazio-Ministero della Salute” del 21 ottobre, neanche annunciata sui suoi fedeli social network.

Ha fatto un pochino meglio il presidente del Piemonte Alberto Cirio, che in un post su Facebook del 23 ottobre ha dichiarato di aver provato ad evitare il coprifuoco «intervenendo con misure chirurgiche, ma gli ultimi dati ci costringono a questa decisione»; quali siano i dati e in che modo il coprifuoco di per sé possa cambiare la situazione non è dato saperlo. Vincenzo De Luca, a capo della Campania, si è spinto oltre, con la sua conferenza stampa a mo’ di messaggio alla popolazione, sicuramente apprezzabile dal punto di vista della comunicazione e anche condivisibile nel suo complesso, se si sorvola su alcuni passaggi; tuttavia in oltre un’ora di conferenza non ha portato un solo argomento in favore del coprifuoco; anzi, ha detto che «dobbiamo fare quello che abbiamo fatto a marzo, né più né meno», dimenticando però che a marzo gli esercizi pubblici erano chiusi tutto il giorno (e non solo dalle 18:00 o dalle 23:00) e il coprifuoco non era nemmeno un’idea contemplata con la fantasia, figurarsi messa in pratica in un’ordinanza.
Attilio Fontana, presidente della Lombardia, si è sforzato ancora di più, e il 21 ottobre su Facebook si è lanciato in una fantasiosa spiegazione: «viene disposta la limitazione della circolazione sul territorio nazionale lombardo dalle 23:00 alle 05:00. Non parliamo di coprifuoco [Ah no? E di cosa parliamo, di libera uscita?], parliamo di limitazione della circolazione per mitigare la diffusione del contagio. Questo non vuol dire che il virus colpisca dopo le 23:00 [Ah, ecco, perché detta così veniva da farla la battuta, visto che di giorno le città pullulano sicuramente più che di notte], vuol dire che le persone in tarda serata allentano, per non dire fermano, le misure di protezione permettendo al virus di diffondersi». Ah sì, le allentano solo a seconda dell’orario? Ma perché? Perché è buio? Perché sono stanchi? O forse perché esistono locali aperti al pubblico che offrono divertimento e svago? Ma sul serio si vuole far credere che l’impennata di contagi è dovuta a persone che escono di notte e creano assembramenti in mezzo a strade buie e deserte, con tutti i locali chiusi, solo per far vedere che esistono?
Insomma: Zingaretti fischietta guardandosi intorno, Cirio mette le mani avanti dicendo di non sapere più dove sbattere la testa, De Luca sbrodola parole parlando di tutto meno che del coprifuoco e Fontana non ha nemmeno il coraggio di chiamare le cose con il loro nome. Ma qui si stanno firmando ordinanze che vietano alle persone di mettere piede fuori di casa, andando ben oltre le misure adottate finora, nel silenzio generale e senza che nessuno si degni di spiegare davvero perché il coprifuoco sia avvertito come tanto necessario dai presidenti di alcune regioni.
È comprensibile l’allarme lanciato da De Luca, che con il suo timbro perentorio ha sentenziato: «Io non voglio trovarmi di fronte, qui da noi, ai camion militari che portano centinaia di bare di persone decedute». E per questo a molti non sono apparsi eccessivi i sacrifici che sono stati chiesti in questi mesi ai singoli nel nome del bene comune. Non parrebbe eccessivo nemmeno il coprifuoco, forse, se venissero fornite valide ragioni in suo favore. Ma queste non vengono. Anzi, le poche motivazioni avanzate appaiono inappropriate, buttate lì in mancanza di meglio da dire, e gli studi condotti finora (approvati dal buonsenso, prima che dalla scienza) affermano invece che coprifuochi e isolamenti generalizzati non incidono significativamente sull’andamento dell’epidemia, che viene invece più efficacemente arginata dalla messa al bando degli eventi pubblici e in seconda battuta dalla chiusura delle scuole. Insomma, più che eccessivo il coprifuoco appare inutile e gratuito. Di più: pericoloso, anche, in un momento in cui molte persone sono in grave difficoltà per le ripercussioni economiche di questa epidemia, altri credono che il Covid sia una semplice influenza e tantissimi cominciano ad accusare lo stress di una situazione costantemente incerta sotto tutti i punti di vista.
La gente si stufa, ed è normale. Sono anni, decenni, che a certe fasce di popolazione si continuano a chiedere sacrifici, e sempre per “ottime ragioni”. Il Coronavirus è diventata per loro solo l’ennesima richiesta di sacrifici, l’ennesima crisi nera che metterà in ginocchio l’economia, l’ennesima occasione in cui a rimetterci saranno solo i più deboli, mentre ai miliardari che popolano le nostre società non si chiede alcun contributo proporzionato alle loro possibilità. Chi ha i soldi si gode il suo splendido isolamento nelle sue ville di lusso con parco e piscina, al sicuro da qualsiasi seria ripercussione economica, senza alcun pericolo di dover ridimensionare il proprio stile di vita.
«In questi momenti, nei momenti nei quali un Paese è in guerra, non c’è nulla che ci distingue: siamo parte di un’unica comunità, di un’unica famiglia, di una sola umanità». Sono parole di De Luca. E sarebbero belle, davvero, e muoverebbero anche le montagne, oggi, se fossero sempre state pronunciate e messe in pratica ai tempi di tutte le guerre economiche che sono state combattute sulle spalle dei poveri cittadini comuni, destinati solo a sopravvivere in un mondo che guarda sempre e solo al tornaconto (economico) personale di chi ha la fortuna di avere interessi da difendere. Sono proprio quei cittadini a cui si è sempre chiesto di “stringere la cinghia” perché “ce lo chiede l’Europa”, a cui sono state aumentate le tasse e tagliati i servizi, a cui sono state tolte una ad una tutte le tutele all’interno del mondo del lavoro e a cui oggi si chiede di fare sacrifici “a fondo perduto” senza allungargli davvero una mano per aiutarli a rimanere in piedi. E li posso capire, davvero, se a sentir parlare di valori, di principi e di bene comune in un mondo che dei valori e dei principi e del bene comune ha fatto semplice merce di scambio, decidono di dare fuoco a qualche auto e di sfasciare qualche vetrina. Chiamateli pure “fascisti”, “camorristi”, “ultras” o “negazionisti”: fino a prova contraria sono prima di tutto uomini, spesso disperati, cui lo Stato chiede e chiede e non dà mai nulla in cambio. Nemmeno il rispetto di spiegare perché diavolo, dalla settimana scorsa, in alcune regioni italiane è in vigore un coprifuoco che prevede multe dai 400 ai 1.000 euro per i trasgressori. Come dice la massima, si raccoglie quel che si semina. E il tempo della raccolta, prima o dopo, arriva sempre.
Edit 17 aprile 2021: da diversi mesi ormai il coprifuoco è attivo in tutta Italia. Quel che ho scritto a ottobre 2020 è tuttavia ancora attuale, perché nessuna autorità ha portato ragioni valide a sostenere una misura tanto restrittiva delle libertà fondamentali dell’essere umano. Anzi, a quanto pare i Tribunali sono propensi a difendere i cittadini che violino tale misura, e non solo in Italia.
Note:
↑1 | In realtà a quanto pare sono sei, ma l’ordine sparso con cui procedono i territori rende noioso e inutile tenere il conto. |
---|---|
↑2 | Sono per la difesa delle lingue in via d’estinzione, dunque mi rifiuto di usare un termine, “lockdown”, tranquillamente traducibile in Italiano in diversi modi, molti dei quali parecchio più fantasiosi e simpatici di quello scelto da me, a testimonianza di una ricchezza linguistica che l’inglese non può nemmeno provare a inseguire. |
Cara Gilda condivido praticamente tutto. Però a dare fuoco e rompere le vetrine sono fascisti, ultras e negazionisti. E’ quello che è sempre successo: trarre profitto (consenso) approfittando di una crisi nera e grave.
Mentre è giustissimo dare voce a chi protesta per la situazione tragica in cui si sta trovando.
Negarlo è negazionismo!
Ti invito a pubblicare più spesso perché trovo stimolante leggerti
Grazie, ci proverò 🙂
Sui manifestanti… non so che dirti: non li conosco, non li ho visti in faccia, non ci ho parlato, pertanto sono agnostica. Mi sembra probabile che ci sia un’ampia varietà di tipi umani tra loro, perciò probabilmente ci saranno anche “fascisti”, “ultras” e “negazionisti” (che comunque in quanto tali sono essi stessi prodotti delle storture della nostra società), ma credo non ci siano solo loro. Io dico solo che ai nostri tempi è molto difficile farsi sentire senza usare violenza, e in questo periodo particolare si aggiunge stress a stress e le cose possono anche un po’ camminare da sole. D’altro canto, lo Stato sta facendo davvero troppo poco per stemperare gli inevitabili disagi della situazione, né a livello economico e materiale né a livello simbolico (“panem et circenses”, dicevano una volta). Il virus ci porta ad avere scarsità sia di “pane” che di “circo”. Eppure si potrebbero fare tante cose su entrambi i versanti (chissà, magari ci scriverò un articolo).